La missione delle nostra Chiesa

INSTRUMENTUM LABORIS

(STRUMENTO DI LAVORO)

LA MISSIONE DELLA NOSTRA CHIESA

DALL’ESPERIENZA DELLA PANDEMIA CORONAVIRUS – 2020

(Vedere – Valutare – Agire)

Invocazione allo Spirito Santo di Frère Pierre-Yves di Taizé

Spirito che aleggi sulle acque,
calma in noi le dissonanze,
i flutti inquieti, il rumore delle parole,
i turbini di vanità,
e fa sorgere nel silenzio
la Parola che ci ricrea.
Spirito che in un sospiro sussurri
al nostro spirito il Nome del Padre,
 
vieni a radunare tutti i nostri desideri,                      
falli crescere in fascio di luce
che sia risposta alla tua luce,
la Parola del Giorno nuovo.
Spirito di Dio, linfa d’amore
dell’albero immenso su cui ci innesti,
che tutti i nostri fratelli
ci appaiano come un dono
nel grande Corpo in cui matura
la Parola di comunione.

 

PREMESSE

A tutti coloro che avranno in mano questo strumento di lavoro, chiedo di favorire lo scambio non solo di idee ma soprattutto “il racconto” delle esperienze di fede che accompagnano la vita personale e il rapporto con la comunità. Più estesamente con tutti.

Desidero osare con intelligenza e guidati dallo Spirito perché non siano le situazioni a cambiare la vita della chiesa e nemmeno la scarsità di clero o le difficoltà amministrative delle ormai storiche parrocchie.

Siamo noi i protagonisti in questo momento storico ascoltando le voci che vengono dall’Alto e le voci che vengono dalla terra (umanità e creazione).

Chiediamo il dono del discernimento per capire i passaggi che ci uniscono alla storia dei nostri paesi come, feste, processioni, abitudini, calendario, devozioni, messe, ecc., e i nuovi linguaggi culturali come, tecnologia, mobilità umana, lavoro e tempo libero, famiglia e anziani, consumismo e secolarizzazione ecc. 

Di fronte a tutto questo metto le priorità che non devono essere dimenticate:

  1. L’annuncio del vangelo. Annuncio inteso come vita buona e nuova che Gesù ha affidato ad una comunità chiamata “chiesa”. Dice Gesù a Pietro: “su questa pietra edificherò la mia chiesa. Quindi la finalità che propone Gesù e non il clero è: “LA VENUTA DEL REGNO DI DIO”. Un Regno che si realizza per mezzo dell’incontro con Gesù Risorto.
  2. La chiesa. La chiesa non esiste per fare associazione o per organizzare il culto, retaggio dell’ebraismo e del culto del tempio di Gerusalemme. Nella chiesa si è spesso dimenticato la dimensione “rabbinica” che significa mettersi alla scuola delle Sacre Scritture. Una comunità che si radunava per ascoltare, pregare e agire. La chiesa quindi, non è il punto d’arrivo ma “UNO STRUMENTO” affinchè ogni persona sperimenti un incontro con Dio. Gesù ci ricorda che siamo lievito, luce, sale nel mondo.                                                Quando la chiesa ha cominciato ad essere istituzione, ha cominciato a distanziarsi dall’ideale evangelico. (S. Benedetto, S. Francesco, S. Caterina, S. Teresa d’Avila, S. Ignazio di Loyola, Lutero, S. Giovanni Bosco, S. Daniele Comboni, il Concilio Vaticano II, pontefici e vescovi di nostra conoscenza, e soprattutto i martiri della nostra epoca, spesso dimenticati). Ma ci sono tantissime altre esperienze che potremmo citare come voci che hanno chiesto il rinnovamento della chiesa. Non dimentichiamo il ruolo che hanno avuto e hanno ancora i movimenti ecclesiali, spesso contrastati dallo stesso clero.            Dobbiamo ammettere che non abbiamo avuto né occhi né orecchi per comprendere.
  1. Il confronto e il dialogo. Attitudini necessarie per non fare strappi irreparabili e allo stesso tempo nutrire un forte coraggio, abbandonando la via della nostalgia. Questo lo dico ascoltando il tempo delle giovani generazioni. Le preoccupazioni per tanti genitori che sentono che i loro figli abbandonano la chiesa. “Non vanno più a messa”. E’ l’espressione più comune. Ma lo sappiamo benissimo, ormai le percentuali dicono che solo il 5% o 6% frequenta la messa la domenica. Allora dobbiamo cancellare dal linguaggio cristiano la parola “percentuale” per usare quello più evangelo dell’incontro. “UNA COMUNITÀ RADUNATA”.

I CRITERI PER IL LAVORO

  1. Vedere (Analisi): nel senso di osservare. Raccogliere informazioni, esperienze, idee, critiche, difficoltà, testimonianze, sensibilità, desideri, possibilità, capacità, disponibilità, su tutti gli aspetti della vita delle nostre comunità, anche sotto l’aspetto amministrativo, ecc. tutto quello che aiuti in qualche modo a leggere la realtà che viviamo.
  2. Valutare (Sintesi): è il criterio che aiuta a formulare “realmente le possibilità” di uno stile. Di provare delle esperienze ossia di sperimentare nuove proposte e dare dei traguardi o mete da raggiungere senza farle diventare immediatamente riferimenti inamovibili. Sappiamo che le realtà umane sono in continua trasformazione. Solo le parole di Gesù,” non passeranno”.
  3. Agire (Scelte): In base ai criteri sopra citati, inizia la fase di sperimentazione per avviare la missione della comunità cristiana che diviene lievito, sale, luce nelle realtà umane. Quindi proposte ed esperienze che favoriscono l’incontro, il radunarsi, l’esistenza di una comunità cristiana.

 

 

 

PUNTI PER AVVIARE IL CONFRONTO

  • Dalla frequenza alla messa domenicale al concetto di comunità cristiana che si raduna.

 La storia:  La vita di una comunità cristiana non è solo andare a messa la domenica. Era un precetto cultuale che si è sempre mantenuto forte in tempi o in regine di “cristianità”. (Campanile, casa, campi) elementi di una società piuttosto statica. La chiesa riempiva gli spazi vuoti della vita del paese, dalla nascita alla morte con una forte appartenenza e identità. I campanilismi ci dicono qualcosa. La presenza di un prete in ogni parrocchia marcava la continuità. Non essendoci alternative e neppure mezzi la vita religiosa ha riempito quegli spazi che la società moderna a sostituito con altre attività e proposte.

Una volta nella sagra del paese dominava l’aspetto cultuale e poi della festa esterna.

Oggi non c’è più traccia. Si è sfaldato il tessuto sociale e religioso. Ci si è ridotti alla messa della festa, forse la processione se ci sono i volontari per portare la Madonna o il Santo patrono e la festa ha assunto altri risvolti. Rimane il riferimento ma non più l’identità e l’appartenenza.

Così altre manifestazioni che possiamo rilevare dalla nostra esperienza.

 L’oggi:  Le giovani generazioni a partire dagli anni 60 cominciano a risentire delle prine trasformazioni. I primi contrasti con le generazioni del passato. Oggi meno perché gli anziani di oggi appartengono in qualche modo al momento del cambiamento culturale. La società ha seguito il suo corso di secolarizzazione cioè separazione dal sacro/religioso con le situazioni che ci ritroviamo. Non è crisi di fede né del sacro, semplicemente i riti del passato sono rimasti vuoti, esteriori, perché non danno risposte al senso della vita, alla ricerca di Dio e alla sete di spiritualità nuova. Gli schemi religiosi si ripetono come abitudini incomprensibili da adottare o applicare, come il caso della messa domenicale (la più in crisi), ma che non dicono più nulla. Assistiamo ad uo scontro tra esteriorità e senso. 

Sul piano delle relazioni, anche nella chiesa si sono assunti comportamenti praticamente mondani senza accorgercene che hanno separato il profano e il sacro. Questo è avvenuto soprattutto negli ambienti parrocchiali e clericali. Infatti il sorgere dei movimenti ecclesiali ha dato un primo segnale di riscoperta del vangelo incarnato ma purtoppo molte volte non è stato riconosciuto per il potere del clero. Paura di perdere autorità?.

 Il Passaggio:  Solo una comunità che si raduna intorno alla Parola del Signore, può essere l’acqua nuova che fa rifiorire le speranze. Non la Messa domenicale ma “la comunità radunata, che si raduna” che avrà anche ogni tanto la messa domenicale e che non rimane in casa perché una domenica resta senza la messa. Possiamo ipottizare questo futuro modello?

Una comunità cristiana che accoglie chi viene senza giudicare. Che gioisce nell’incontro. Una comunità che incontro il Signore risorto nell’ascolto delle Sacre Scritture, ascolta quello che succede in paese e nel mondo, che prega e che sceglie di impegnarsi.

  • Lievito del mondo. Dalla Messa della domenica alla festa dell’incontro.

La storia:  Un breve accenno. Dal 350 dopo Cristo, dopo che la chiesa è stata appoggiata dall’Imperatore Costantino, la chiesa ha assunto sempre più un carattere istituzionale e gerarchico. Ogni riferimento storico credo sia di vostra conoscenza. Anche la parrocchia ha risentito di questa trasformazione che è arrivata fino ai nostri giorni. Fuori dall’Europa, anche se permane lo stesso schema (di stampo coloniale), le cosidette misisoni hanno un altro approccio nell’evangelizzazione. Ci sono meno vincoli storici e tradizionali a parte alcune manifestazioni religiose ancora trionfalistiche. Non è maturato però in molte parti l’impegno laicale per la presenza sempre del clero e del sistema economico che sostenevano le emergenze umanitarie.

Oggi anche le stesse opere stanno diventando insostenibili per la mancanza di fondi e per i costi elevati anche nei paesi impoveriti.

Lievito, sale, luce, acqua della vita, sono espressioni evangeliche per dire che Gesù è tutto questo e che la missione parte da qui. Gesù non ha costruito chiese, né sinagoghe, nè gerarchie, né conventi nè cattedrali, né ha avuto proprietà. La sua missione era lungo le strade e in mezzo alla gente. 

Liberiamoci dallo schema mentale che la missione è del prete, che questa parola missione ci clericalizza e partiamo dalla parola forse più adatta che è “impegno e scelta personale”. La chiesa lievito è una comunità che si impegna, che crede nell’impegno, che spera e che dona vita.

Papa Giovanni XXIII pensava alla parrocchia come la fontana del villaggio. Purtroppo viviamo tempi dove nei confronti della chiesa non si nutrono molti gesti affettuosi.

Gli Atti degli Apostoli ci dicono invece che le comunità godevano la stima della gente.

L’oggi:  Una comunità ecclesiale non si fonda più sul territorio parrocchiale con la chiesa e il campanile, la canonica e l’oratorio. Ma su una comunità di persone che condividono la fede e l’ipegno nella vita.

In certi aspetti siamo già in questo cammino come per esempio tutto il lavoro che è stato fatto per condividere i momenti religiosi e catechistici nell’unità pastorale. Ma la parola – unità pastorale – esprime staticità e istituzione. Secondo me lo Spirito ha già fatto cadere questa esperienza perché è nata dalla necessità di accorpare parrocchie avendo un solo parroco. Oggi si accorpano anche unità pastorali. Significa che è stata un’esperienza di passaggio, come lo è anche la macro-regione pastorale della Valsugana-Tesino, Primiero e Folgaria/Lavarone.

Il passaggio:  Incontro, persone che si radunano nel nome di Cristo e animati dalla sua Parola. Persone che si incontrano regolarmente ogni domenica, a celebrare il giorno del Signore, attorno alla Parola di Dio e condividendo riflessione e impegno. Avvenimenti della settimana o temi comuni per un impegno comune.

Una comunità che rimane aperta. Che non conta i presenti né gli assenti.

  • Ministero del Sacerdote e Ministero nelle Comunità Ecclesiali.

 La storia:  Tutto era concentrato nelle mani del Parroco. Responsabile e legale rappresentante. Tutto fila per il verso giusto dal punto di vista istituzionale. Ma la realtà laicale resta molto e ancora in ombra. 

Il ministero del culto riservato ai sacerdoti per un potere teologicamente consolidato. Ma Gesù ha sempre parlato di servizio. Di lavarsi i piedi. Ha affidato a tutta la chiesa rappresentata dai 12 apostoli e sicuramente anche alle donne, un ministero come strumento di servizio e non per dominare sulla comunità. Senza spadroneggiare. Da qui è nato anche il clericalismo.

 L’Oggi:   Con il passare del tempo e grazie all’avvento del Concilio Ecumenico Vaticano II, la chiesa è divenuta nuovamente “popolo di Dio” dentro il quale ci sono anche c’è il ministero. Ma è tutto il popolo coinvolto in questa riflessione. 

Il sacerdozio del prete non ha senso se non c’è la comunità, mentre la comunità può sopravvivere se si alimenta alla Parola di Dio. E’ il laicato che cresce, anche se è una parola che sostiene la distinzione tra laici e clero.

Allora esiste un sacerdozio che appartiene a tutti ed è quello ricevuto nel battesimo con il quale siamo abilitati al servizio della preghiera, dell’ascolto, dell’incontro, alla catechesi e alla carità/condivisione.

E’ la fraternità che va via via sviluppandosi nella docilità allo Spirito.

 Il Passaggio:   Mentre al sacerdote resta delegato il ministero della presidenza dei sacramenti, alla comunità resta, non delegata, ma assunto il ministero della vita della chiesa o della comunità ecclesiale, inteso come servizio continuo all’evangelizzazione e alla promozione umana.

I battezzati vengono tutti avvolti dall’ombra dell’Altissimo i quali vengono raggiunti dalla chiamata di Dio. A ognuno la risposta.

  • Formazione degli animatori della comunità. (il ministero nella comunità).

 La storia:   L’inizio dei ministeri o dei servizi parte sempre dalla comunità e dall’esperienza della lavanda dei piedi. Poi come dice San Paolo, alcuni sono costituiti apostoli, altri evangelisti, altri maestri, altri profeti ecc. Dopo questi, dedicati alla predicazione, nascono i diaconi che si occupano della carità. La chiesa si organizza in base al servizio e alle necessità mai per carriera ecclesiastica. Sappiamo tutti poi i risvolti della storia con l’aumento dei titoli, gradi e altro normalmente corrispondenti a benefici o posizione. L’impegno ecclesiale più vicino ai nostri tempi è stata l’esperienza dell’ Azione Cattolica che veniva considerato l’apostolato dei laici a servizio della gerarchia. Con le crisi associative degli anni 60 e prima ancora con la chiusura delle associazioni nell’epoca fascista per l’occidente e comunista per l’oriente, si è creato un vuoto di “militanza” come veniva chiamato l’impegno. (chiesa militante). Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha superato lo scoglio della sottomissione dei laici alla gerarchia per introdurre il  termine di “COMUNIONE” nel quale è contenuta la corresponsabilità e la partecipazione attraverso il sacerdozio battesimale.

Ancora permane la centralità del clero mancano ancora passi da fare per sentire che è la chiesa che si muove e non il clero. 

 L’oggi:   I passi e le esperienze che stiamo vivendo. I consigli pastorali, consiglio economico, catechisti, ministri dell’eucaristia, lettori, animatori dei giovani-oratorio, e altri servizi e ministeri che di fatto ci sono. C’è stata anche la nascita del diaconato permanente per uomini sposati.

Sono esperienze molto importanti da custodire senza chiudere le porte allo Spirito che può suscitare nuovi doni e carismi e quindi anche ministeri.

 Il passaggio:   Se guardando lontano vediamo cambiare la figura del “presbitero” (sacerdote), la comunità deve cominciare a bere dal proprio pozzo. Suscitare “ANIMATORI DELLA FEDE” che animano la comunità. Assumono la responsabilità mettendosi al servizio della Parola e della comunità. E non sarà con la formula classica del Presidente e vice-presidente ecc. ma sarà un equipe di formatori che eserciteranno il ministero per un determinato tempo in comunione con il consiglio pastorale delle comunità ecclesiali di una determinata zona (le unità pastorali, tanto per capirci), e il sacerdote che diventa davvero il delegato del vescovo.

Per questa ragione è necessario iniziare già da adesso preparare gli animatori che saranno scelti nelle comunità su indicazione delle stesse. 

Per questa ragione è necessario già da adesso preparare il progetto di formazione e dei compiti che assumeranno.

  • Modello di chiesa o ecclesiale.

 La storia:   La storia ci ha consegnato molte esperienze ecclesiali. Noi viviamo tra il modello tridentino (concilio di Trento 1500), il modello di San Pio X e il Concilio Ecumenico Vaticano II. Lasciamo nell’archivio per le consultazioni il medioevo e i primi mille anni di cristianesimo. Ci sono state molte esperienze, alcune hanno creato lacerazioni e forse ancora ne verranno. Comunque dal modello istituzionale-gerarchico siamo passati al modello comunione e sinodalità. E’ tutto ancora da ripensare e da approfondire. Siamo su questa strada che sicuramente ci apre alle sorprese e ad una nuova stagione ecclesiale. Dipenderà da noi!

 L’oggi:  Molto più in là della struttura o dell’organizzazione ci deve convincere l’annuncio di Risurrezione che l’umanità aspetta. La sete di senso e di significati che ognuno cerca. La capacità di sperimentare la gioia dello Spirito. Bisognerà dichiarare insufficiente o fallimentare i percorsi di catechesi che rispecchiano le lezioni di scuola elementare del 1800 e del catechismo di San Pio X. La vita della chiesa parte da una esperienza di incontro e non solo da quello che si deve sapere.

L’ignoranza religiosa poi è un altro problema che coinvolge tutte le religioni.

 Il passaggio:  adesso avete molte informazioni, sono sommarie, ma ci dobbiamo chiedere se queste provocazioni vengono dallo Spirito o dal vuoto. Se vengono da Dio o dalla disperazione. Se nascono dall’ascolto del Vangelo o dall’ascolto di noi stessi o dal parroco.